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MARCO POLO

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icon2  view post Posted on 10/11/2013, 10:38




IL MARCO POLO

IL «MARCO POLO» UFFICIALE

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Trasmesso alla metà di maggio negli Stati Uniti in quella che viene considerata la settimana di maggior ascolto dell'intera annata televisiva, in una versione di 8 ore e 7 minuti (diventata 10 ore per merito degli inserti pubblicitari) e in un montaggio diverso da quello che vedremo noi, con più spazio alle scene girate in Cina; già venduto a 32 Paesi di tutti i continenti, Oceania compresa; in attesa di vederlo — per la fine dell'82 — sui nostri teleschermi, diamo spazio alle dichiarazioni ufficiali della Rai sul «Marco Polo» di Giuliano Montaldo. Sono dichiarazioni che glissano elegantemente sui punti più spinosi del problema: i budgets di spesa, il disordine e le contraddizioni della produzione, almeno nelle sue prime fasi; vanno invece sull'estetico e sul retorico incontrollato e commosso, sull'onda facile dell'italianità e del prestigio. Anche le schede tecniche sono deficitarie, approssimative, sparano cifre per impressionare. Il tono complessivo è appunto quello di chi vuole «épater» non sappiamo bene chi.

La produzione

La realizzazione del «Marco Polo», come è noto, ha comportato complessi problemi tecnici e artistici, impegnando insieme con la Rai due case di produzione: nella prima fase la Sky cinematografica, che ha realizzato le riprese a Venezia, a Fossanova e in Marocco e, successivamente, la Vides di Franco Cristaldi, una delle case cinematografiche più prestigiose del mercato internazionale, che è intervenuta per le riprese in Cina: la parte cioè più difficoltosa del progetto, se si tiene conto che per la prima volta una troupe occidentale si recava nella Repubblica Popolare Cinese per realizzare un'impresa cinematografica di tale portata. Grazie alla collaborazione dei cinesi, la Vides ha portato a termine la lavorazione nei cinque mesi previsti, nonostante gli inevitabili ostacoli logistici e ambientali.

Gli accordi internazionali

Una produzione tanto impegnativa come il «Marco Polo», non sarebbe stata realizzata senza accordi internazionali.

Fondamentale l'accordo tra la Rai e la Repubblica Popolare Cinese. Infatti, nel luglio 1977, i ministri degli Esteri italiano e cinese hanno avviato le trattative per la realizzazione del «Marco Polo», in Cina. Grazie all'intesa con la CCCC (China Film CoProduction Corporation), è stato possibile ambientare il film nei luoghi realmente visitati da Marco Polo, con il pieno appoggio e la collaborazione di un centinaio di tecnici e maestranze cinesi. Va tenuto presente che quello concluso con la Cina è il primo accordo di collaborazione tra la Repubblica Popolare e un ente televisivo occidentale e prevede la realizzazione di altri progetti. Nell'ambito degli accordi internazionali, un posto di particolare rilievo spetta agli Stati Uniti, dove il progetto «Marco Polo», che risale al 1978, incontrò immediatamente l'interesse della Procter & Gamble Production Company, il più importante produttore di serie televisive in America e della NBC. Analogo interesse dimostrarono la Dentsu, la maggiore società giapponese di pubblicità, e la rete televisiva TBS, che si sono assicurate il programma con un preacquisto.

Sergio Zavoli Presidente della Rai

«Marco Polo», grande avventura storica del coraggio, dello spirito di conoscenza, dell'intraprendenza umana.

«Marco Polo», simbolo universale delle opportunità offerte ai paesi e ai popoli di scegliere la strada della pace e dell'amicizia.

«Marco Polo», preziosa memoria letteraria affidata alle pagine del «Milione», un libro che ha dentro più cieli e mari, più uomini e cose, più realtà e futuro, più fede e ragione di tanta, grande letteratura d'invenzione.

«Marco Polo», infine, gigantesco affresco audiovisivo che Giuliano Montaldo ha appassionatamente composto per iniziativa della Rai con partecipazioni decisive, in particolare della Repubblica Popolare Cinese, delle compagnie americane Procter & Gamble e NBC e di quelle giapponesi Dentsu e TBS, realizzato dalla casa produttrice italiana Vides col concorso esecutivo di Vincenzo Labella.

Ha notevole significato che questa produzione si sia sviluppata all'insegna di una convinta e concreta collaborazione tra partners, paesi, personalità artistiche e soggetti imprenditoriali diversi. Non è solo una condizione moderna, razionale e intelligente per produrre «fiction», ma anche un dato culturalmente emblematico e non sottovalutabile. Su questo terreno la volontà di pace che anima l'umanità può vincere più battaglie che intorno a molti tavoli deputati a scoraggiare diffidenze, separazioni e contrasti.

Presentare il «Marco Polo» in prima mondiale al pubblico americano è un segno di particolare attenzione non soltanto al grande mercato anche culturale che gli Stati Uniti rappresentano, ma altresì a quella complessità antropologica, di per sé aperta al mondo, che l'America incarna.

La Rai ha collocato questa iniziativa tra le priorità produttive ed economiche del 1982, attribuendo ad essa molteplici significati, oltre a quelli già detti. Innanzitutto la continuità di un impegno a valorizzare i tratti più significativi della lunga, complessa e ricca storia italiana; poi l'opportunità di costruire — primo ente televisivo in Europa — un rapporto ampio e organico di collaborazione con la Cina e le sue strutture cinematografiche e televisive; infine, lo specifico interesse, espressivo e produttivo, per una «formula» che — ormai ben acquisita alle nostre esperienze e ora pronta a nuove ipotesi — consente di raccogliere, integrare e mettere in luce un imponente schieramento di talenti artistici, professionali e artigiani.

Al nuovo viaggio di «Marco Polo», questa volta nel grande mondo dello spettacolo, rivolgo il migliore augurio.

Villy De Luca, Direttore Generale della Rai

Se si mettessero in fila le parole scritte finora su «Marco Polo» sono certo che si supererebbe la distanza tra Venezia e Pechino. A questo punto è bene che parli, finalmente, il film girato da Giuliano Montaldo; regista che porta in sé una singolare vicenda: i genovesi imprigionarono messer Marco e un genovese, Montaldo appunto, lo libera nella dimensione planetaria dei mass-media.

Due annotazioni, però il Direttore Generale della Rai ritiene di dover fare prima che il giudizio passi ai telespettatori di tutto il mondo. La prima è questa: la Rai, essendo da tempo protagonista di produzioni impegnative, dal «Mosè» al «Gesù di Nazareth», per la prima volta ha assunto in proprio i rischi connessi a un'impresa artistica, manageriale e finanziaria di così ampie proporzioni e per di più legata all'incognita Cina, rivelatasi poi una piacevole sorpresa. E ciò facendo la Rai ha posto, col «Marco Polo», concrete premesse per una presenza senza intermediari, più incisiva e qualificata sul mercato televisivo internazionale.

Il secondo rilievo riguarda la «storia meravigliosa» che la Rai ha voluto riportare all'attenzione di milioni di uomini. Marco Polo è un simbolo di coraggiosa intraprendenza e di pace conquistata col metodo, sempre valido, della conoscenza viva e del diretto confronto tra i popoli e tra gli uomini.

Per messer Marco, dicono gli studiosi, «il mondo era tutto uno spettacolo». Proprio attraverso lo spettacolo la Rai è lieta di rilanciare i valori positivi e universali che sono alla base della straordinaria avventura del popolare viaggiatore veneziano.

Emmanuele Milano, Direttore della RAI Rete 1 TV

Raccontata come una grande magica favola arriva sugli schermi di tutto il mondo la storia vera di Marco Polo.

Per chi gli è stato accanto in due anni di intenso lavoro, «Marco Polo» è oggi come un figlio ormai maturo che esce di casa e appartiene solamente a sé stesso. Lo si guarda camminare per la strada, sperando di tutto cuore che la sorte gli sia propizia, e poi si volge lo sguardo a chi è rimasto in casa e deve ancora crescere.

L'ultima immagine di Ken Marshall-Marco Polo ancora non si sarà dileguata dai teleschermi sulle due sponde dell'Atlantico e già accenderemo falò nell'accampamento degli Achei che assediano Troia, per la più grande ricostruzione mai tentata dell'Iliade di Omero; Michelangelo, si aggirerà nelle sale dei Palazzi Vaticani, sceglierà i suoi marmi alle cave di Carrara, nello sceneggiato che racconterà la vita tormentosa ed esaltante dell'autore del Giudizio Universale; le catacombe si animeranno per far rivivere sui teleschermi per milioni e milioni di spettatori il «Quo vadis?», l'incontro del Cristianesimo con la Roma dell'imperatore Nerone.

Queste ed altre storie la Rete Uno della Rai si prepara a raccontare al pubblico italiano e, grazie anche al «Marco Polo», al pubblico di tutto il mondo.



LA REALIZZAZIONE

Le musiche

«Ai tempi di Marco Polo non si erano ancora affermate né la polifonia né l'armonia. Dopo una lunga ricerca sono arrivato alla conclusione di comporre musiche di commento armonicamente semplici e idealmente primitive»', spiega Ennio Morricone, romano, 54 anni, uno degli autori di colonne sonore più famosi al mondo (da «C'era una volta il West» a «Metti una sera a cena»).

Per quanto riguarda il periodo cinese, Morricone si è rifatto a modalità immobili e pentafoniche tipiche di quella cultura musicale, componendo brani che, pur senza il concorso di strumenti e strumentisti cinesi, offrono interamente la suggestione melodica dell'antico Catay.

Le scene e le grandi ricostruzioni

Cinquantamila metri di tubolari usati per ricostruire la Venezia del Duecento al Lido di Malamocco e mille metri cubi di legname utilizzato nella sola Cina: bastano queste due cifre per dare un'idea del lavoro compiuto da architetti, arredatori, falegnami e decoratori agli ordini dello scenografo Luciano Ricceri, romano, 42 anni. Un lavoro lungo e frenetico, reso possibile dalla collaborazione tra i tecnici italiani e quelli cinesi. Una collaborazione eccezionale; lo testimonia la Città delle Tende, un'enorme città estiva adagiata ai bordi d'un laghetto, costruita per il «Marco Polo» su un'estensione di sei ettari di terreno.

I costumi

Trenta chilometri di seta cinese, trenta chilometri di lana italiana fatta tessere appositamente in Abruzzo, qualche quintale di tappeti comprati in Marocco per fare i mantelli dei mercanti arabi: tutto questo e tanto altro ancora (i cappelli, le armi, le armature, le acconciature) è stato realizzato da Enrico Sabbatini, 50 anni, costumista di Spoleto.

Trucchi e parrucche

Il conto è astronomico: in un anno di lavorazione, Giuliano Laurenti, romano, 60 anni, ha diretto il trucco di 40.000 persone, attori e comparse. Ken Marshall, reso ogni giorno diverso dal lento ma continuo invecchiamento, era affidato alle'sue mani ogni mattina per tre ore.

Le armi e le battaglie

Franco Fantasia, italiano di Rodi, 58 anni, maestro d'armi da 25, ha qualche rimpianto: «Con le armi che avevamo trovato e ricostruito avremmo potuto fare duelli e battaglie magnifiche. Purtroppo, si fa per dire, Marco Polo era un veneziano pacifico». Di armi, comunque, e di arredi ippici ne vedremo moltissimi e tutti d'epoca.

I trasporti

La flotta di «Marco Polo» è formata da tre «trabacoli» trasformati in galeoni.

Il trabacolo è un vecchio tipo di trasporto per sabbia e ghiaia usato nell'Alto Adriatico. La Rai li ha trovati, in disarmo, nel porto di Trieste e li ha usati per ricostruire la battaglia delle Isole Curzolane e i viaggi di Marco nel Mediterraneo. Nessuna ricostruzione, invece, per filmare le peregrinazioni fluviali nel sud della Cina: le imbarcazioni di oggi sono le medesime del XIII secolo.



SUCCESSO A META'

Tirate le somme, Marco Polo ne è uscito bene. Le dieci puntate dello sceneggiato prodotto dalla Rai assieme alla Procter & Gamble e all'ente cinematografico statale della Repubblica popolare cinese hanno retto l'urto dei telespettatori americani e si sono ben difese dagli assalti della critica. Trasmesso dalla NBC, il programma ha avuto alti indici di ascolto, specialmente nelle ultime sere, premiando una travagliatissima produzione che più volte aveva messo in pericolo la riuscita finale della trasmissione.

La critica ha lodato soprattutto la regia di Giuliano Montaldo e la fotografia di Pasqualino De Santis. L'unica critica si è avuta quando le macchine da presa hanno spaziato sugli amplissimi orizzonti cinesi che risultavano minuscoli sul piccolo schermo televisivo. Elogi minori per gli attori. La recitazione del protagonista Ken Marshall è stata definita non all'altezza del ruolo e più adeguata a un dramma televisivo contemporaneo che a una storia del tredicesimo secolo. Le parti di contorno hanno funzionato: Burt Lancaster è andato bene come Papa e Denholm Elliott ha disegnato un piacevolissimo Niccolò Polo. Tuttavia erano tutti troppo «hollywoodiani» per essere veramente credibili. Il critico di Variety si è chiesto se, durante le riprese, gli attori italiani fossero tutti in sciopero. Non se ne è visto uno. Ottimi e credibilissimi invece i cinesi. Ying Roucheng è stato straordinario nella parte di Kublai Khan, lasciando indietro di parecchie lunghezze tutti gli attori che l'avevano preceduto nella parte in vecchie produzioni europee o americane (tra i quali ricordiamo Anthony Quinn). Un successo a metà, insomma, che gli italiani potranno vedere a dicembre sugli schermi della Rai.
 
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